I testaroli di veri grani antichi sono una delle cose più buone che abbia mai mangiato. Non sapete cosa sono? Probabilmente se non siete di Lucca, o non siete esperti di cibo regionale italiano, non siete informati o forse li avete visti in qualche autogrill tra delle, spesso improbabili, specialità locali.
Personalmente i testaroli, pur non essendo di zona,  li avevo assaggiati più volte ma non mi avevano fare i salti gioia. Il problema era che non avevo assaggiato quelli giusti.

Testaroli di veri grani antichi e La Rita

Dovevo conoscere i Pagani, padre e figlio, dell’azienda agricola La Rita, che producono grani antichi veri da cui ricavano le farine con cui fanno i loro testaroli. I testaroli sono dei grandi dischi di farina e acqua cotti in un “Testo”. Un attrezzo pesantissimo in ghisa composto da due parti: il sottano e il soprano. I testaroli oggi sono Presidio Slow food e sono un piatto antico e tipico della Lunigiana. Un tempo erano fatti con farina di farro probabilmente visto che nella vicina  Garfagnana di quello si viveva.

 

 

La storia del territorio

La Rita si si trova  a Mocrone a Villafranca Lunigiana in provincia di Massa Carrara,  una terra di confine ricca di storia e di storie. Villafranca in Lunigiana è l’anima della Lunigiana contadina. Qui si trovano antichi mulini quattrocenteschi presso il Museo Etnografico e c’è il castello edificato dai Malaspina a partire dal 1100. L’antico castello di Malnido, presidio sulla Via Francigena del ramo ghibellino dei Malaspina, risultava pressoché integro prima dei bombardamenti alleati della seconda guerra mondiale.  Dante ne parla nel canto VIII del Purgatorio, quindi è probabile che nel suo esilio si sia fermato anche qui
Oggi restano rovine piene di fascino che raccontano ancora la loro storia. Villafranca fece quindi parte dei feudi imperiali dei Malaspina dello Spino secco, marchesi della Virgoletta. Il feudo rimase sovrano fino alla sua soppressione nel 1797.

Il testarolo si fa nel “Testo”

I Testaroli di veri grani antichi più buoni del mondo si fanno come sempre nel testo. Il testo è una grande e pensante “padella con coperchio”, in pratica un fornetto. Un tempo, come ci spiega Andrea Pagani, veniva messo sulla fascina di legna, scaldato, poi ci veniva messo dentro il cibo da cuocere, chiuso e coperto di cenere.
Andrea è un uomo che parla dei suoi prodotti con amore e convinzione. La cosa bella è che il giovane figlio va oltre le orme del padre che comunque ha svolto un lavoro diverso nella vita e ora, in pensione, ha ripreso totalmente e in mano ciò che era già suo di famiglia. Il figlio invece ci crede totalmente da sempre. Ha fatto glin studi giusti e si aggiorna costantemente. Poi c’è il lavoro delle terra. drano, mais sempre di varietà  antiche, patate biologiche.

Nel Campo: una spiga diversa dall’altra

Dei grani mi sono occupata parecchio e ne parlo in continuazione. Per questo conoscere Andrea Pagani è stata come una boccata di aria fresca. Ci ha portato nei suoi campi, seminati con diverse specie. Ogni spiga diversa dall’altra, quelle più alte arrivavano quasi alla sua testa, quelle più basse al ginocchio. Dentro al campo neanche un infestante perché in questo modo le piante si autoregolano, non fanno passare la luce necessaria alla loro proliferazione.

Sentir parlare di grani, di sementi non acquistate ma rifatte in azienda, anno dopo anno è stato il preludio all’assaggio. Dopo l’attenta coltivazione il grano dei Pagani non poteva essere macinato in un mulino qualsiasi. Per questo hanno scelto il meglio, un mugnaio in linea con il loro pensiero “integralista” ottenendo una farina di qualità superiore e tipologie di macinatura.

Da questa farina si ottengono i grandi prodotti che raccontano questa bella storia della Lunigiana. I testaroli più che biologici di farina integrale di Pagani sono, infatti,  una vera specialità. Si conservano bene grazie al sottovuoto ed è preferibile tenere il grande disco in un luogo fresco.
Se fossero di farina “classica” non ci sarebbe problema  a tenerli anche sotto il sole per mesi – ci racconta Andrea-  perché quella è farina morta. Ma qui c’è vita!”.  Lo dice sorridendo, nonostante che la vita gli abbia portato via da poco la sua compagna di vita.

Come si mangiano i testaroli e la nostra esperienza

I testaroli si tagliano a spicchi piccoli e si buttano in acqua, quando vengono a galla son pronti. Basta condirli. Il matrimonio perfetto è con il pesto. Per assaggiarli Andrea  ci ha portato da Lina una locanda a Bagnone segnata nel 2020 da Slow Food per la cucina della Toscana settentrionale di confine.
Qui, oltre agli agognati testaroli al pesto, abbiamo assaggiato le altre specialità come una “mitica” Torta d’erbi che vi consigliamo vivamente.

Se non vi capita di venire in Toscana i testaroli dei Pagani possono essere acquistati. Basta telefonare direttamente e sentire dove trovarli o ordinarli.

Roberta Capanni