Parlare con Pietro Trapassi è un piacere: infonde calma e determinazione. Classe 1939, lo scrittore vive a Firenze dal 1968, alternando sempre al lavoro un amore grande e alacre verso la cultura e la letteratura. Una  sua pressoché innata vocazione letteraria, che, con il terzo millennio, decide di concretizzare in libri.

2004, il primo romanzo finalista 

Il primo romanzo, finalista nel 2004 al concorso letterario Atheste di Este, si intitola Il gelso e Trapassi lo finisce e pubblica nel 2003…

Nei miei scritti cerco di trattare i valori costitutivi della nostra società, che vedo molto decaduti. Da questo mio pensiero, il desiderio di rinnovarli, rivitalizzarli. Nel mio primo lavoro, ho voluto narrare l’amore, quello vero, quello che porta alla famiglia. Quello che per me è stato, anzitutto, l’attaccamento alla donna che mi ha fatto sentire persona e uomo. Soffermandomi quindi anche sulle vicende, traversie, intoppi affrontati per coronare quel sogno. Ma soprattutto, animato dalla volontà di far conoscere la figura della mia donna e le sue doti”.

 

I ragazzi del Rione Zaccaneddri

Nel 2008, esce I ragazzi del Rione Zaccaneddri, con una prefazione colta e competente di Carmelo Mezzasalma, critico e ora sacerdote – spiega Trapassi-. E’ uno spaccato storico e sociale degli anni ’50-’60, forse il primo che comincia a presentare argomenti sull’Italia del dopoguerra. Ambientato nella periferia di Palermo, narra di un gruppetto di amici, formatosi alla riapertura delle scuole, che, abitando fra i limoneti e gli aranceti della Conca d’Oro, quindi in periferia, sentono il bisogno di dividere il tempo del doposcuola insieme, senza una seria unione con altri coetanei del rione. La loro non è una scelta di particolari principi di casta, ma una convergenza di ideali legati alla voglia di emanciparsi con lo studio per affrontare un’entrata nel tessuto sociale cittadino.

Il tema conduttore è quindi l’amicizia, un altro punto base dell’esistenza, che vivo con un melanconico tormento. Infatti, quel vincolo che lega i tre amici, Giorgio, Roberto e Nino, con l’andare degli anni e per le diverse situazioni economiche e aspirazioni dei tre, subisce un continuo deterioramento, fino alla rottura. Un legame ulteriore e molto forte nasce fra Giorgio e la maestra, fino a coinvolgere le famiglie. Ma un’altra delusione avvolge l’animo dello studente, il più sognatore dei tre, che già era all’università, aspirazione anche della sua insegnante. Infatti, il ragazzo si vede allontanato da lei perché le confida di avere delle mire sentimentali verso una sua nipote. Lo spirito di casta lo offende talmente che, anche se la incontra, non la saluta come invece avrebbe fatto se non avesse ricevuto quell’offesa”.

Caino vive a Palermo: la dura vita dei servitori dello Stato

Con Caino vive a Palermo, del 2013, tragica attualità e dolore personale si intrecciano. Il libro, infatti, ricorda il fratello Mario Trapassi, Maresciallo dei Carabinieri e caposcorta di Rocco Chinnici, perito nell’attentato del 29 luglio 1983 insieme al giudice e a un collega. L’emozione che si prova al cospetto non di una storia inventata, ma del racconto in presa diretta di una vita reale, è forte. Quando qualcuno dice o scrive che la mafia non esiste, consigliategli di leggere queste pagine. “È un’altra storia dolente e amara vissuta da tutta la famiglia -spiega il nostro Autore – : il sacrificio di mio fratello Mario, caduto nell’attentato al consigliere del Tribunale di Palermo, grande inquisitore della mafia.

La storia prende corpo solo dopo circa trent’anni, per il profondo dolore della perdita di Mario, e, non ultimo, il sospetto di essere giudicato uno sfruttatore di immagine. Ma le esortazioni dell’Editrice Agemina e la voglia di dare risalto ai componenti delle scorte, caduti in tanti dal 1970 al 1992 sotto gli attacchi vili e sanguinari dell’organizzazione criminale siciliana, mi hanno imposto di dare seguito alla memoria di mio fratello, maresciallo della Benemerita, e del brigadiere Bartolotta. Volevo dare risalto alla vita veramente dura di quei servitori dello Stato, martiri come le persone che erano tenuti a tutelare e meritevoli di essere ricordati con nome e cognome per l’eroismo mostrato nella lotta alla criminalità. Il romanzo biografico è un atto di giustizia e di amore verso quella categoria di eroi. Tra l’altro, da non dimenticare che Mario aveva svolto quel compito anche con altri due grandi servitori dello Stato, Carlo Alberto Dalla Chiesa e Paolo Borsellino. Caino vive a Palermo, in quello stesso 2013, è finalista al concorso internazionale di arti “Firenze Europa-Mario Conti” e con diploma di merito. Insieme a tanti validi lettori, ritengo che sia degno di una trasposizione cinematografica, e questo per il suo alto contenuto morale ed etico: da diversi anni sono impegnato per raggiungere tale scopo. Ristampato nel 2018, Caino vive a Palermo è stato presentato in tutta Italia”.

Intanto, l’autore ha messo nel cassetto altri lavori, che aspettano di venire alla luce…

“Sì, per esempio La zagara e il giglio, un tentativo di esprimere i sentimenti più intimi in versi comprensivi di ricordi, emozioni e visioni di persone familiari, i luoghi o ambienti bucolici o aerei che hanno stimolato la mia sensibilità. Il poemetto, con la copertina di Mara Faggioli e la prefazione di Massimo Seriacopi, è suddiviso in più parti: legami familiari, spirituali, descrizioni di ambienti campestri, di vita della fauna. La copertina rappresenta due fiori, propri di due regioni nostrane: la zagara, fiore degli agrumi siciliani; il giglio, fiore distintivo di Firenze, toscana.

L’origine sempre nel cuore, insieme al luogo di ambientazione sociale, ma non solo, in quanto il nome, Trapassi, è originario del centro Italia. In concreto, un atto d’amore per le radici e per l’approdo e la riuscita e crescita personale e sociale. C’è poi Laura Lanza-Una tragedia del XVI secolo, un romanzo storico, completo scritto con l’intento di descrivere una Palermo del ‘500 in un contesto storico, vasto per temi e confronti politici, sociali, religiosi, che ne fanno, insieme al tema centrale, un racconto ricco di personaggi, di luoghi, di avvenimenti del periodo. In primo piano, l’amore contrastato e forte dei due amanti, che, come d’incanto, congiunge la siciliana Laura al toscano Ludovico, ma che, sfortunatamente, la posizione sociale dei due rende difficile e amaro, tanto da concludersi in tragedia. Due martiri, alla luce della mia insofferenza verso la divisione sociale per censo.

È una storia che diventa un vessillo contro la violenza, in particolare quella sulle donne. L’opera ha trovato, in una sua prima pubblicazione sfortunata per contrasti con l’editore, un’accoglienza fantastica da Firenze, in particolare, e fino alla Sicilia. Si spera di poterla al più presto ripubblicare e possibilmente vederne nascere anche qui un film. Se ne potrebbero trarre almeno tre episodi o un cinemascope d’altri tempi, considerando i movimenti bellici esistenti con le controversie con Francesco l e Carlo V contro anche i Saraceni”.

Un fiume in piena… creatività

È un fiume in piena di creatività e contenuti Pietro Trapassi, un autore affascinato dalla scrittura e dalla volontà di narrare, una volontà che definiremmo etica e che si snoda ancora in altre opere. Come Avevo ancora tanto da dirti: “Sì, ancora una storia d’amore. Un bisogno mai sazio quello dell’amore, che ricerco con ogni mezzo e con tutte le forze. Qui si racconta di un direttore di banca, Romeo Venturi, e della moglie, Marina, che si conoscono a una prova scritta di un concorso da impiegati di banca, che Romeo vince, mentre la ragazza si dedica a un’altra attività.

Da qui nasce una storia di morte, amore, speranza, amicizia, che condurrà Romeo a una nuova vita, a un viaggio alle Mauritìus e alla necessità di affrontare nuovi dolorosi passaggi sentimentali ed esistenziali. L’ultimo della nidiata è Dov’è la differenza?, incentrato sul professore in pensione Signorini, che da Firenze si trasferisce a Reggello, dove abita anche un suo figlio. Ne segue una vicenda che lega i valori della famiglia con quelli dell’amicizia, la fuga dalla mafia con il mobbing, l’arte con un rapporto con la nipote che caratterizza proprio l’argomento delle vessazioni sul luogo di lavoro. La conclusione è amara: anche in un posto di lavoro, dove le regole dovrebbero essere osservate da tutti e sempre, per vari motivi queste regole vengono violate e le vittime di mobbing spesso non hanno la possibilità di avere giustizia dato che a commettere le infrazioni sono proprio le persone che dovrebbero agire per rispettarle e farle rispettare. Una dolorosa e intricata storia che porta la nipote a chiedersi: ma, allora, dov’è la differenza tra mondo criminale e mondo che passa per legale?”.

Tu che nasci siciliano, ma vivi da molti anni a Firenze, a quali sapori e vini della tua terra sei rimasto più affezionato e quali sapori e vini della Toscana invece ami particolarmente?

“Vivendo ormai da cinquant’anni in Toscana ho dovuto adeguarmi a usi e costumi del luogo anche dal lato culinario. Ma alla fine non è che mi sia convertito completamente alla cucina toscana! Diciamo per il limitato contatto con l’ambiente. Avendo l’intera famiglia con me, abbiamo continuato a usare ricette siciliane nel quotidiano. Ogni tanto, però, anche per inviti sopraggiunti, ho potuto gustare pietanze tipiche del luogo, come la minestra di pane, la ribollita, la bistecca alla fiorentina, magnifica e sontuosa, il lampredotto, che fa molto concorrenza ‘o pani ca meusa palermitano. Per il resto non mi sono fatto mancare, anche cimentandomi personalmente nella preparazione, l’arancino, la pasta con le sarde, la caponata, le melanzane alla parmigiana, per citare alcune pietanze per le quali Palermo è famosa nel mondo. Per quanto riguarda i vini non sempre ho potuto ritrovare il gusto di quelli siciliani: Donna fugata, lo zibibbo, lo Syrah, cabernet. E allora mi sono avvicinato a quelli locali, anche per il loro più leggero tasso alcoolico: il vermentino e i vini dei colli senesi o maremmani”.