Carlo Lorenzini, più noto come Carlo Collodi, nasce a Firenze il 24 novembre del 1826. All’epoca, la Città del Giglio è la capitale del Granducato di Toscana. L’Ottocento, un altro mondo…
Eppure, nel celebrare la ricorrenza del ‘compleanno’ del suo inventore, è fin troppo facile sottolineare come la distanza temporale e di cultura dal secolo del Risorgimento niente possa contro la potenza e la longeva vitalità di Pinocchio, il personaggio più amato e popolare dello scrittore.
Ristampe e traduzioni del suo romanzo per ragazzi Le Avventure di Pinocchio. Storia di un burattino (1883) non si contano più: centinaia le edizioni, almeno 260 le trasposizioni in altre lingue. E poi la Nintendo, che, nel 1996, immette sul mercato pure un videogame!

1936 è Le avventure di Pinocchio,

Ma sono tante anche le versioni cinematografiche e televisive: non meno di 60 quelle certificate da una delle banche dati più accreditate al mondo, l’Internet Movie Data Base (www.imdb.com), che pure non le registra tutte.Un trionfo, insomma, legato all’universalità della storia di questo impertinente burattino, ricca di simboli e di insegnamenti, che la rende malleabile alle epoche e ai mezzi espressivi: per questo, come si diceva, longeva e vitale.
Non potendo, né volendo, citarli tutti, proviamo a ricordare i film più importanti, magari pure con qualche piccante curiosità…

Sono 109 gli anni passati dal primo Pinocchio sul grande schermo: nel 1911, un pioniere dell’italico cinema, Giulio Antamoro, specializzato in cortometraggi comici spesso interpretati da Polidor, alias Ferdinand Guillaume, realizza il suo film, nel quale proprio l’attore francese, benché adulto, interpreta il ruolo del burattino. Natalino Guillaume è Lucignolo, Augusto Mastripietri Geppetto e Lea Giunchi la Fata Turchina. Il Pinocchio di Antamoro è visionabile in versione integrale, restaurata e sonorizzata presso la Fondazione Cineteca Italiana (https://www.cinetecamilano.it/) di Milano.

Del 1936 è Le avventure di Pinocchio, progettato per essere il primo film di animazione italiano, ma purtroppo rimasto incompiuto per problemi di produzione e di risorse economiche. Secondo l’Imdb, la regia è di Umberto Spano e Raul Verdini, invece altri parlano di Romolo e Carlo Bacchini, autori pure della fotografia. Segnaliamo, per inciso, anche una versione sovietica del 1939, diretta da Aleksandr Ptushko.

Con il 1940, si diffonde in tutto il mondo il ‘ciclone’ del Pinocchio della Disney. Pure in questo caso siamo in tema di anniversari, ricorrendo nel 2020 l’80° della sua prima proiezione (7 febbraio 1940, a New York) e, già che siamo nel periodo giusto, il 73° della sua uscita in Italia (27 novembre 1947). Il Pinocchio della Disney, diretto da ben sei registi (!) – Norman Ferguson, T. Hee, Wilfred Jackson, Jack Kinney, Hamilton Luske, Bill Roberts e Ben Sharpsteen – è il film che, pur tagliando alcune parti della storia originale, sdogana le avventure del burattino in tutti i cinema e nelle teste di ogni bambino del globo, o quasi. Comunque lo si guardi, anche se non se ne amano le omissioni, resta un indimenticabile cartone animato. Vince, tra l’altro, due Oscar: migliore colonna sonora a Leigh Harline, Paul J. Smith e Ned Washington, e migliore canzone (When You Wish Upon a Star) a Harline e Washington. Rimanendo negli States, ricordiamo inoltre un Pinocchio televisivo di Paul Bogart del 1957, con Mickey Rooney nel ruolo del burattino, e una curiosa versione fantascientifica del 1965: Pinocchio in Outer Space, diretta dall’animatore belga Ray Goossens.Ed eccoci arrivati al piccante (non alimentare)! Del 1970 – in Italia arriva solo nel 1979 – è Le avventure erotiche di Pinocchio, di Corey Allen. Ancora più osé un Penocchio del 2014, un porno diretto da Luca Damiano, ma con il suo vero nome, Franco Lo Cascio.

Chiusa la parentesi sexy, torniamo alle cose serie. Il 1971, infatti, ci regala un’autentica chicca nostrana di animazione: Un burattino di nome Pinocchio, del fiorentino Giuliano Cenci, film che segue fedelmente il libro di Collodi, risolvendo con classe anche gli inevitabili tagli. Un piccolo gioiello, in cui si segnalano persino alcune citazioni artistiche fiorentine: a un certo punto, all’interno di un’edicola votiva, c’è un’immagine della Madonna del Cardellino, di Raffaello Sanzio, conservata agli Uffizi, mentre, quando la capanna in cui Pinocchio e Geppetto si imbattono uscendo dal Pescecane si trasforma in una casa lussuosa, la parete di quest’ultima riproduce il soffitto della Sala dei Gigli di Palazzo della Signoria.

Con il 1972 arriva una delle più belle trasposizioni televisive del romanzo di Collodi, lo sceneggiato (all’epoca si chiamava così) in sei puntate Le avventure di Pinocchio, diretto da un maestro quale Luigi Comencini. Il burattino è impersonato da un efficacissimo Andrea Balestri, al cui fianco troviamo grandissimi interpreti: Nino Manfredi, Gina Lollobrigida, Vittorio De Sica, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Lionel Stander, Mario Scaccia, Jacques Herlin, Orazio Orlando, Enzo Cannavale, Riccardo Billi! Attualissimo e meritevole anche per le belle musiche di Fiorenzo Carpi.

 

Restiamo in Italia, saltando al 1994, anno di uscita di Occhiopinocchio, di Francesco Nuti, con lo stesso Nuti, Chiara Caselli e Joss Ackland. È una pellicola assolutamente anomala, sia nella filmografia del burattino di Collodi, sia nella produzione del regista e attore toscano, che profonde in quest’opera un impegno e una foga – diciamolo – eccessivi. Il risultato è un film barocco, troppo lungo ed esageratamente costoso, ma contemporaneamente una delle versioni di Pinocchio più originali e interessanti della storia del cinema. Nuti gira alcune scene memorabili che darebbero miglior fortuna al suo Occhiopinocchio se solo all’epoca dimostrasse un po’ più di misura. Resta in ogni caso un lungometraggio da rivedere e riscoprire, se non altro come omaggio a un artista sfortunato, però dalle grandi doti artistiche.

Nel 2002, esce l’attesissimo Pinocchio di e con Roberto Benigni. Una produzione magnifica per scenografie e costumi (di Danilo Donati, che vince il David di Donatello per entrambe le categorie), estetica e colonna sonora (di Nicola Piovani, che si aggiudica il Nastro d’Argento), una produzione però che, purtroppo, pur incantando vista e udito, non riesce a coinvolgere pienamente lo spettatore proprio per il personaggio principale. Troppo anziano Benigni per essere il burattino e troppo piagnucolosa la sua recitazione. Peccato. Lodevole, invece, e in qualche caso audace la scelta del cast, dove brillano tanti bravi artisti: Carlo Giuffré, Corrado Pani, Alessandro Bergonzoni, i Fichi d’India, Giorgio Ariani, Kim Rossi Stuart, Peppe Barra, Remo Masini, Max Galligani.

Pinocchio di Matteo Garrone

Roberto Benigni si rifà nel 2019, con il Pinocchio di Matteo Garrone, in cui interpreta – molto bene – il personaggio di Geppetto. Anche il film del regista romano è però un’opera, sì, straordinaria dal punto di vista visivo, come quasi tutte le sue produzioni, ma tale da lasciare perplessi proprio per la rigorosa scelta filologica: forse Garrone, ben consapevole della varietà di versioni cinetelevisive della storia e della loro qualità altalenante, ha inteso mettere un punto fermo estetico, restituendo bellezza e dignità d’arte alle avventure di Pinocchio. Per una nuova interpretazione e nuove soluzioni, dovremo quindi aspettare i nuovi due Pinocchi di Guillermo Del Toro e Robert Zemeckis, che dovrebbero essere ultimati nel 2021.

Per chiudere in bellezza gastronomica un excursus cinematografico necessariamente incompleto, ricordiamo le pietanze che l’oste serve al Gatto e alla Volpe all’Osteria del Gambero Rosso, citando proprio le parole di Carlo Collodi: “Il povero Gatto, sentendosi gravemente indisposto di stomaco, non poté mangiare altro che trentacinque triglie con salsa di pomodoro e quattro porzioni di trippa alla parmigiana: e perché la trippa non gli pareva condita abbastanza, si rifece tre volte a chiedere il burro e il formaggio grattato! La Volpe avrebbe spelluzzicato volentieri qualche cosa anche lei: ma siccome il medico le aveva ordinato una grandissima dieta, così dové contentarsi di una semplice lepre dolce e forte, con un leggerissimo contorno di pollastre ingrassate e di galletti di primo canto. Dopo la lepre si fece portare per tornagusto un cibreino di pernici, di starne, di conigli, di ranocchi, di lucertole e d’uva paradisa; e poi non volle altro”.

Sorge un dubbio: e se anche l’Obelix di René Goscinny e Albert Uderzo avesse letto Le Avventure di Pinocchio? Chissà… intanto, ancora buon compleanno, Carlo Collodi!