Vi domanderete cosa c’entra il cece nero con la pace dell’anima invece il nesso c’è. E forse più di uno. Nelle nostre “zingarate”, quelle che chi scrive per GustarViaggiando fa veramente (e credeteci non tutto ciò che molti magazine riportano è provato direttamente….) ci siamo imbattuti nel cece nero. Piccolo, nero e ormai quasi scomparso.

Non ci era sconosciuto. Era una conoscenza non precisa, su cui non ci eravamo soffermati molto al contrario di altre specialità di legumi come il fagiolo zolfino o quello di Sorana. Il cece nero, piccolo, rugoso e praticamente introvabile, ci è venuto incontro  nel caldo di agosto a Poggi al  Sasso, nella nostra Maremma, al Monastero di Siloe.

anfiteatro del Monastero di Siloe. La verde scalinata guarda verso l’interno

Un monastero atipico.

Il Monastero di Siloè è un monastero atipico. Qui a parlare sono le forme architettoniche che dialogano con la natura e il simbolismo ancestrale.  Non le forme canoniche ancorate al passato a cui siamo abituati ma un’architettura perfettamente inserita nel creato di oggi. E lo scrigno magico della Toscana, l’Amiata, che abbiamo attraversato per discendere fino a qui, è presente nelle grandi pietre che punteggiano il giardino ben curato.

L’incontro

Per arrivare al monastero si passa tra le case di un piccolo abitato. L’aria estiva ha portato tutti sul piccolo spiazzo davanti alle case, quasi un’aia. Sedie in cerchio e chiacchiere di vicinato.
Chiediamo informazioni “guardati a vista” mentre ci accorgiamo del  cartello che indica il monastero.  È appeso in basso, su un angolo. Pochi metri dalla casereccia indicazione e in mezzo agli olivi si apre il parcheggio.

Monnatero di Siloe
il cece nero del monastero di Siloe

Intorno solo il “silenzio” delle cicale che cantano e un leggero vento che smuove appena l’aria infuocata di questa estate.   L’ entrata del monastero è quella di un giardino. Il cancello è aperto e non c’è nessuno. Avanziamo affascinate da una strana costruzione in mezzo al prato  di un verde brillante sullo sfondo di un panorama vasto e assolato.  Alte colonne si alzano nel cielo. Capiamo che qui le forme hanno riacquistato la loro funzione di portatrici di messaggi. Ci chiediamo dove sia il “monastero” ma ci siamo dentro, nel prato verde con le grosse pietre che lo punteggiano.

Seguiamo il vialetto fino all’anfiteatro. Una scalinata  verde che scende verso l’interno. Legno, pietra, rame, vetro, ferro, assemblati in geometrie semplici dove l’ombra è solo al servizio della luce. L’esposizione è quella verso la luce, come sempre nelle abbazie cistercensi.

monastero-di-Siloe
monastero-di-Siloe

Giriamo l’angolo e un monaco, anche lui “non convenzionale”,  ci rivolge la parola. Frasi interlocutorie. Noi siamo stupite, lui forse non capisce cosa cerchiamo. Come sempre quando si arriva in un luogo è perché questo “ci ha chiamato”. E qui le vibrazioni sono davvero tante. Il monaco ci chiede che cosa ci colpisce. Tutto: l’aria, la vista, il silenzio, l’energia, le forme.

Piano piano la conversazione si fa più spedita e lui chiede se vogliamo vedere il monastero. L’accesso stretto tra due alte pareti di pietra è l’avvio del simbolismo che permea la costruzione. Su una parete scorre a pelo, l’acqua, uno degli elementi fondanti, di questo monastero. Qui pochi monaci accolgono la regola di San Benedetto dal 2000 e onorano il creato anche con il lavoro.

Un progetto di pace

Il progetto non è ancora finito e, spazio dopo spazio, gli elementi si uniscono, si integrano, si completano. I monaci sono attivi anche sul piano sociale. Ogni anno qui si tiene un festival di corti cinematografici dedicato a temi sociali di rilevo, ci sono casette per ospiti che cercano se stessi nel silenzio e nella pace e si coltiva la biodiversità. Siamo in luogo di colori bellissimo in ogni stagione (LEGGI il nostro articolo sul foliage)

il piccolo cece ha la buccia rugosa scura a causa della quantità di ferro levata che contiene.
Ritorno al cece nero e al suo concentrato di ferro

Nel piccolo spaccio si trovano prodotti e  varietà vegetali antiche ed autoctone.Dall’antico grano duro triticum Turanicum, al farro, allo zafferano, ai peperoncini di quattordici diverse varietà, al cece nero. Poi ancora olio nelle cultivar tipiche della Maremma toscana e ciliegiolo, antico vitigno autoctono della Maremma.

Il cece nero è una varietà antica che in passato ha sfamato chi non poteva permettersi la carne. Tipico del centro sud Italia è quasi estinto soppiantato da ceci più belli a vedersi. Molto digeribile per la buccia rugosa ma sottile ha una polpa chiara tendente al giallo. Ha un sapore intenso e avvolgente.  Ricco di sali minerali specialmente abbondante in ferro in rapporto di 3 a 1 rispetto ai ceci  più comuni concentrato, naturalmente, soprattutto nella buccia. Non mancano proteine e vitamine del gruppo B che lo fanno un alimento che può sostituire la carne senza problemi.

cece nero
cece-nero-particolare

Le coltivazioni secondo natura dei monaci

Il valore aggiunto nelle coltivazioni fatte dai monaci di Siloe è il metodo di coltivazione che cerca di ridurre al massimo l’eccessivo delle risorse naturali. Rotazioni delle coltivazioni, concimazione naturale e tramite sovescio sono i sistemi adottati per le coltivazioni. Pasta, conserve, farine, legumi, olio sono solo alcuni dei prodotti che i monaci curano ogni giorno.

La conversazione si fa più interessante e serrata. L’uomo e la società entrano nella chiacchierata e vorremmo star qui a parlare ma il viaggio deve proseguire. Abbiamo altre storie e altri luoghi da vedere e raccontare.  Ma torneremo e intanto vi consigliamo una visita e, se siete alla ricerca di pace, di un soggiorno nelle accoglienti casette con vista sul tramonto.