Il vino a San Miniato: dal Sangiovese al Tempranillo

Alla scoperta di una Toscana fuori dalle rotte puramente commerciali

Vino a San Miniato. Ci sono territori della Toscana dove il vino si è sempre fatto ma che non sono mai saliti alla ribalta, pur facendo un ottimo prodotto. Terre non vocate solo al vino ma a tutti i prodotti pregiati  (come olio e tartufo), terre dove boschi, colline e belle valli si rincorrono creando paesaggi verdi e suggestivi.

Una Toscana molto bella quella tra Firenze, Pisa, Volterra, Siena e Lucca. È di questa Toscana che oggi vi racconto, dei suoi vignaioli, spesso fuori dalle denominazioni più famose ma, per esempio, con IGT capaci di regalare sensazioni molto ampie.
Il vino che si fa a San Miniato oggi è  promosso  dall’Associazione Vignaioli di San Miniato, un gruppo di  aziende che sanno fare bene il loro lavoro. Vale la pena addentrarsi in questo territorio e, collina dopo collina, azienda dopo azienda, imparare che vino si fa vino da queste parti. Sarà una vera sorpresa.

Già i romani allevavano qui la vite e documenti successivi, di epoca longobarda e sveva, testimoniano una produzione gradita anche ai grandi che non solo passavano da queste parti, ma vi soggiornavano. Non è un caso se la città di San Miniato  fosse stata scelta come punto di osservazione (e riscossione delle gabelle) dall’imperatore Federico II di Svevia  e fosse sede vescovile.

Le vestigia di questo grande passato si ritrovano nell’alta torre di avvistamento da cui si vede gran parte della Toscana e le numerosissime chiese presenti in città.
Le campagne intorno fornivano il necessario. Gli studi ottocenteschi del marchese Cosimo Pietro Ridolfi agronomo fondatore della facoltà di agraria all’Università di Pisa si addentrano molto in questi territori, del “Giornale agrario della Toscana” nonché presidente dell’Accademia dei Georgofili nel 1865 ne fanno un ritratto davvero interessante.

vignaioli di san Miniato
Oggi il vino a San Miniato si fa e si fa bene. Grazie anche ai terreni dove fossili di origine marina si alternano ad argille.

Il Sangiovese, il più adattabile e metamorfico vitigno toscano, si alterna a trebbiano, Malvasia o al Sanforte, vitigno antico oggi in fase di recupero.

Altre sorprese attendono chi vorrà regalarsi un passaggio in questa Toscana elegante e mai smargiassa, che come i grandi signori mantiene volutamente un “basso profilo”.

Questa non è “terra per tutti”

Questa non è terra per tutti ma per chi sa davvero apprezzare.  Non a caso, gli stranieri (che al contrario degli italiani non inseguono le mode e abbandonano i territori quando arriva la “massa caciarona”) si beano di queste terre e questi vini.

Il vino di San Miniato regala sorprese autentiche come la presenza di Tempranillo, vitigno iberico, arrivato qui con i pellegrini che transitavano lungo la Via Francigena che di qui passa.

Il Tempranillo arrivato con i pellegrino

vino a San Miniato uva
Delle aziende che fanno Vino a San Miniato, Leonardo Beconcini, quarta generazione dell’azienda agricola Pietro Beconcini, lo produce in purezza in tre versioni. Sapido e minerale il Tempranillo pisano è un assaggio che non si farà dimenticare.

Intrigante anche la Malvasia Nera IGT a cui si aggiunge un ottimo Colorino di Agrisole. L’Assedio, merlot in purezza della Tenuta Montalto ma anche il chianti DOCG da Sangiovese e Carbenet Sauvignon e Syrah ci hanno piacevolmente sorpreso.

Il Sanforte, dell’azienda biodinamica Cosimo Maria Masini che abbiamo trovato nel Matilde 2016 IGT Rosato Toscano da Sangiovese e Sanforte.

Il vino a San MIniato porta con se la tradizione come nell’azienda La Fattoria di Sassolo che dal 1784 porta avanti la tradizione: qui il Chianti qui viene vinificato con l’antica pratica del “Governo alla Toscana” cioè con lenta rifermentazione dopo la svinatura con l’aggiunta di uve selezionate e il Vinsanto, prodotto da “madri” antiche di almeno 200 anni.
Questo solo il primo “assaggio” di cosa abbiamo scoperto in questo territorio e sul suo vino. A breve i reportage delle nostre visite.

Roberta Capanni