Lascio San Benedetto Po che è pomeriggio inoltrato. Mentre filo verso Mirandola, pensieri diversi si intrecciano. “Coglierò per te/l’ultima rosa del giardino,/la rosa bianca che fiorisce/nelle prime nebbie./Le avide api l’hanno visitata/sino a ieri,/ma è ancora così dolce/che fa tremare./È un ritratto di te a trent’anni./Un po’ smemorata, come tu sarai allora”. Mi ritornano in mente questi versi di Attilio Bertolucci e mi rendo conto che da qualche anno la nebbia è praticamente scomparsa da questi lembi di pianura.

Senza la nebbia come sarebbero le poesie di Attilio Bertolucci o le favole di Cesare Zavattini e Antonioni, Zurlini, Bernardo Bertolucci avrebbero firmato gli stessi capolavori e Bassani o Bacchelli avrebbero scritto gli stessi romanzi ed Edmondo Berselli avrebbe elargito le sue pillole di arguta saggezza?

Tutto cambia, tutto muta. Anche questa terra che sembra immobile e refrattaria alla novità. E’ il mito del west oltre la via Emilia come ci ricorda Guccini, un mito che affonda le radici in tempi lontanissimi. E’ una terra che esprime forza e consapevolezza. Ogni metro è stato conquistato, strappato alle acque melmose e stagnanti delle paludi. Iniziarono i romani, poi i monaci dell’Abazia di Nonantola, continuarono gli Este, ci mise mano Napoleone.

Via Emilia nebbia

Le bonifiche del 1800

Poi, sul finire dell’800, migliaia di braccianti furono impegnati nel residuo lavoro di bonifica, nell’irreggimentare le acque, nell’innalzare argini: erano gli scarriolanti. Una terra che ha fatto continuamente i conti con le catastrofi naturali, con i fiumi che abbandonavano i confini certi dei loro argini per dilagare tutt’attorno. Poi il terremoto. Violento e distruttore, ha lasciato ferite profonde, non ancora completamente riassorbite e in parte ancora visibili.

terremoto

Piove. Dai lati della strada sale il profumo antico di terra bagnata e di erba appena tagliata. E’ un profumo forte, inebriante. Passo oltre improbabili villette modellate come baite alpine. Da qualche finestra pende una bandiera rossa stinta dal sole. La falce e martello è stata sostituita dal cavallino rampante della Ferrari: da un pezzo l’Emilia ha cessato di essere un unicum economico e sociale. Dall’estero non vengono più a visitare gli asili nido, a conoscere un modello educativo e a cercare di capire come funzionano i servizi sociali. Nuovi miti hanno sostituito l’antica militanza.

valli della mirandola PG

La terra di Pico

Sono quasi a Mirandola, terra di Pico. Ne approfitto per compiere una leggera deviazione dal mio percorso e mi avvio verso le zone umide delle Valli di Mirandola. Vale la pena visitarle. Avrete la possibilità, tra l’altro, di poter ammirare gli ultimi due Barchessoni.

Sono costruzioni che erano adibite al ricovero dei cavalli, vanto dell’allevamento locale fin dai tempi della famiglia Pico. Hanno una particolare pianta poligonale a 16 lati, sostenuta da un grande pilastro centrale. Al piano terra due file concentriche di colonne sorreggono la suggestiva travatura a tela di ragno che sostiene il tetto. Il pilastro centrale contiene una scala a chiocciola che conduce al piano superiore, che un tempo fungeva da alloggio per il personale adibito alla cura dei cavalli.

Il Barchessone Vecchio ospita la sede del Centro di Educazione Ambientale “La Raganella”  molto attivo nel far conoscere alle scolaresche  il rispetto dell’ambiente e della natura. Il Barchessone Barbiere, distante poche centinaia di metri, presenta una simile struttura poligonale ad un solo piano. Dopo recenti interventi di restauro, conserva la propria funzione originaria ed ospita una nutrita mandria di tranquilli cavalli bardigiani.

Le Valli mirandolesi costituiscono un contesto ambientale che ripropone la ricchezza faunistica delle paludi di un tempo. Gli specchi d’acqua, brulicanti di vita, richiamano i colori del cielo che si stempera nella foschia argillosa della terra di valle. Il volo degli uccelli, riflesso negli stagni, coinvolge l’aria, la terra e l’acqua in un dialogo antico, in un legame profondo.

La via Emilia in bicicletta

Funziona un servizio di noleggio di biciclette e di audio guide, mentre le guide sono a disposizione dei visitatori per escursioni naturalistiche, storiche ed archeologiche.

Davanti al Barchessone incontro una coppia giovanile nell’aspetto, socievole nei modi. Sono coltivatori del luogo e mi raccontano come da alcuni anni si stiano dedicando al recupero della coltivazione della mela campanina. Un buona anche per le torte.

Ma  questa è un’altra storia…che vi racconterò domani.

Carlo Amabile